“Faber est suae quisque fortunae”. La locuzione sallustiana continua a mantenere inalterata la sua attualità anche in epoche, come la nostra, nelle quali vengono regolarmente messi in crisi paradigmi che per decenni hanno ispirato la vita di ognuno di noi.
La nostra storia professionale non la si costruisce a caso, anche se
variabili indipendenti dalla volontà –compreso quello che viene simpaticamente definito ‘il fattore C’– possono
orientare le nostre scelte verso il raggiungimento del successo o la navigazione in un anonimo tran tran.
Ci sarà pure il patrimonio genetico che abbiamo avuto in dono dalla nascita a facilitarci o meno, ma non basta. L’insieme delle esperienze è soprattutto la somma di fattori tra i quali, a mio parere, uno fra tutti incide più di ogni altro, orientandoci come una bussola nel buio: l’esempio. Chi ha avuto la fortuna di avere alle spalle una famiglia attenta a trasmettere valori profondi e semplici, compresa la capacità di saper dire di no nei modi e nelle forme giuste, difficilmente sceglierà di dissipare nel corso della propria vita un patrimonio così prezioso.
Stessa considerazione vale per la scuola con i suoi insegnanti e qui il discorso inizia a farsi più selettivo nonostante nel nostro Paese venga ancora data rilevanza a una certa visione umanistica d’insieme. Sul luogo di lavoro il gioco si fa duro: mettiamo per un momento da parte la solita retorica e andiamo a vedere da vicino quello che succede.
Crisi e mancanza di punti di riferimento
La crisi di questi anni ha fatto riemergere Leggi tutto >