|approfondimento| Le api e principi auto-organizzanti

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di Angelo Mincione

Le api sentono le vibrazioni dell’aria e si sintonizzano al mondo che gli gira attorno. In questo articolo si analizza la modalità con la quale le api si organizzano, o meglio si auto-organizzano. Una modalità dalla quale abbiamo ancora molto da imparare.

“Le api vivono un mondo circolare e girano attorno all’ape Regina, che è il motivo della loro esistenza.” “Come?” Gli rispondo. “Vivono tutte per la Regina?”. Sor Adriano mi scruta, volge lo sguardo verso la Cascata delle Marmore (che rimane uno spettacolo unico), poi guarda il cielo. Passa qualche lungo secondo ancora, prima che mi risponda. “Non vivono per la Regina; l’ape Regina è il motivo della loro esistenza, capisci Angelo mio?”. Sor Adriano inizia a stupirmi. Sa il fatto suo. Avrà sicuramente letto di gruppi sociali auto-organizzanti, se parla così, penso io. E saprà allora dei principi alla base di tali conformazioni sociali, circolari, che si avviluppano intorno a un tema o motivo dominante. Allora gli chiedo, con tanta curiosità. “Sor Adriano, dimmi un po’, mica hai fatto letture, nel tuo tempo libero, su temi sociali e sui principi auto-organizzanti?”.

A questo punto Sor Adriano si gela un po’ sul viso, ancora uno sguardo alla Cascata, poi di nuovo al cielo, poi a me. Ancora una pausa, quella che serve a tutti per raccogliere i pensieri e dire le cose con le parole giuste. “Angelo mio…” mi dice “lo studio a voi giovani vi da un po’ alla capoccia. Io non ho letto nulla di ‘ste cose strane, ma so leggere i bisogni della natura delle api, che sono un po’ figlie mie. Il senso della vita per le api è esistere per le altri api, e ognuna lavora per tutte le altre… Tutte si danno una mano, come ai nostri tempi, quando la solidarietà rendeva la vita di tutti noi meno pesante e difficile”.

Grazie Sor Adriano (penso tra me e me), mi confermi –ed è stata sempre una mia convinzione– che il motivo dell’esistenza di ogni essere vivente è relazionalità e supporto reciproco e che i bisogni dell’esistenza stessa viaggiano spesso a un alto livello emozionale e d’immaginazione. Ripeto sempre a me stesso che, in fondo, la soluzione di molte fratture tra uomini o gruppi sociali sta nel ‘fare anima’ (J. Hillman docet!) o, in senso più sociale e meno psico-metafisico, guardar oltre le immagini che ci compaiono di fronte per relazionarsi con gli uomini, prescindendo dai contrasti che ci coinvolgono emotivamente. Ho sempre il vizio di avere in testa mille pezzi di un puzzle, nel totale caos che, di tanto in tanto, si attaccano tra loro e mi danno visioni d’insieme di un contesto adiacente, svelando un interessante significato delle cose che mi appaiono improvvisamente di fronte. Sor Adriano aggiunge poi “vedi Angelo mio, le api non hanno frequentato scuole o università, non hanno fatto master o stage di alte specializzazioni; fanno il miele e sono attratte dall’ape Regina che rappresenta il fulcro della loro esistenza circolare. Non hanno regole ma solo spinte emozionali destinate al loro obiettivo: fare il miele. E tutte aiutano tutte, senza discriminazioni. La loro forza è vivere per aiutare tutte le altre api”. Molto interessante. È un passaggio sottile, ma grande e imponente quello che definisce i principi esistenziali e creativi delle organizzazioni auto-organizzanti. È uno straordinario dinamismo, concentrico, che raccoglie forza nel fulcro e sprigiona energia verso l’esterno, per poi alimentare il moto perpetuo del gruppo accomunato da un motivo dominante. È tutto organizzato, naturalmente, in senso circolare, senza che esista un cerchio che definisca i confini. Un’organizzazione auto-organizzante, unita per lo scopo comune, riesce a ‘fare anima’.

Fare anima! L’ape Regina come l’idea della bottiglia

Ho sempre pensato che un’azienda senz’anima è destinata a fallire. Un gruppo sociale che non alimenta la propria anima è destinato a conflitti e lotte che porteranno o all’autodistruzione o al fallimento. Anche un uomo senz’anima non ha ragione di esistere, giacché incapace di alimentare ‘l’anima del mondo’.

Le organizzazioni dai confini incerti

Sor Adriano mi spinge ora a una profonda riflessione. Senza volerlo e con squisita e delicata naturalezza, mi ha trasmigrato la cognizione di un mondo che le api vivono per mezzo di un modello esterno importato all’interno e un modello interno esportato all’esterno. Tale sistema –chiuso e aperto– vive nel tempo grazie a un processo di osmosi ‘sociale’ che lo rende dai confini incerti e necessariamente ‘bucati’. Quello che emerge dal mondo delle api è –in senso figurato– un sistema chiuso che difende se stesso, al suo interno, ma necessariamente aperto verso l’esterno in quanto deve correlarsi ed armonizzarsi, per poter sopravvivere, a tutti i sistemi estrinseci che si sovrappongono nel tempo e nello spazio in un caos esistenziale ordinato. Dice il Dalai Lama (XVI): “la legge di natura stabilisce che, per sopravvivere, le api devono lavorare insieme. Di conseguenza, esse possiedono istintivamente un senso di responsabilità sociale. Esse non hanno costituzione, né legge, né polizia, né religione o educazione morale ma, in virtù della loro natura, l’intero alveare sopravvive. Noi esseri umani abbiamo costituzione, leggi e forze di polizia. Noi abbiamo religioni, una notevole intelligenza e cuori dotati di una grande capacità di amare. Abbiamo diverse qualità straordinarie, ma di fatto io penso che restiamo dietro quei piccoli insetti. Per certi versi, ho l’impressione che siamo più poveri delle api”.

Pensiamo ora a un’azienda, come un gruppo socialmente unito da un motivo dominante, un unico sistema organico, vivente; ogni componente è una cellula e forma in sotto-gruppi nuovi organismi correlati agli altri; ogni nuova entità organizzativa è composta da tante figure interne unite in conformazione di rete. Tutti hanno contatti con tutti gli altri. In senso verticale, orizzontale, trasversale e in senso obliquo, dal basso in alto e dall’alto in basso. Unendo tutte le direzioni possibili otteniamo una forza tipicamente circolare, senza netti confini, a spirale concentrica ed eccentrica. Possono essere letti anche confini, un po’ tratteggiati, ma tipicamente indefiniti, che si allargano o si stringono. L’azienda: organismo unico, circolare, dai tratti indefiniti può allargarsi nello spazio circostante assorbendo il mondo esterno, per ‘metterlo dentro’ e anche mettere fuori la propria energia vivente per essere assorbita da altri. È questo uno straordinario insieme di forze concentriche che si sovrappongono, senza un ordine predefinito e che per continue sovrapposizioni, costituisce organismi o organizzazioni più grandi. Il segreto del successo (grazie di nuovo Hillman) è ‘fare anima’, come le api. Ho ragionato molto, credendo che tali forze appartenessero anche a seguaci di grandi leader, ma solo adesso riesco a fare un punto chiaro, grazie a Sor Adriano ed alle sue figlie api ed anche ad una visione illuminante ricevuta da un pensiero letto di Papa Ratzinger. Se un leader trasforma la sua forza ‘catalizzante’ in asserzione di potere, l’organizzazione che nasce intorno a lui è fortemente sottoposta al pensiero dominante. Ma nel tempo tale pensiero inizia lentamente a sgretolarsi, perché viene semplicemente seguito e non alimentato dal gruppo. Nasce naturalmente qualche opinione diversa che può avere anche una certa valenza, magari con la forza di attirare l’attenzione. Inizia quindi la fase decadente dell’organizzazione tipicamente gerarchica. Il leader assoluto, per esercitare ancora il proprio potere, temendo che le nuove opinioni possano mettere in discussione il pensiero dominante, attraverso l’esercizio di un controllo sempre più serrato, a volte ossessivo o paranoide, schiaccia ogni possibile energia che ‘sprizza’ da nuove idee, finendo per cedere obbligatoriamente alla ‘dittatura del relativismo’. Questo processo, sempre più ‘incalzante’, genera prima o poi una contro-reazione delle forze compresse all’interno (l’esempio più banale è l’effetto della compressione di un palloncino) portando all’auto-distruzione del leader e allo sfaldamento del gruppo ‘artificialmente’ raggruppato intorno a lui. Un’organizzazione ‘artificialmente’ creata, con regole pensate dal vertice, in senso gerarchico e tipicamente verticale, ragiona con processi dall’alto in basso, è destinata a morire nel lungo termine. Da sottolineare ancora, per chi crede ad un senso animistico nella vita delle aziende, che l’organizzazione che si conforma al pensiero dominante ingabbia la sua anima, reprimendola, e smette di generare forza emozionale.

Un insieme di persone, di unità operative (in senso capitalistico) di risorse umane (in senso post-capitalistico) o di essere umani + anime (nelle poche e moderne auto-organizzazioni), non ha bisogno di assoluti. Il pensiero di un gruppo scaturisce dalla forza unica che nasce dalla moltitudine di opinioni che tempo per tempo rendono vivo il senso critico e costruttivo dell’esistenza del gruppo unito. L’esistere allora nel tempo e in un contesto sociale vivo, trae la sua forza dall’energia emozionale derivante da una costante ‘relazionalità’ dei membri. Il prendersi cura dell’altro manifesta la bellezza dello stare insieme; è un’esperienza di cui l’uomo ha bisogno per trovare piena e compiuta realizzazione di se stesso (Margaret Archer, sociologa).

Fare rete e fare anima: l’amore collante dei sistemi auto-organizzanti

Ho letto un testo di una canzone brasiliana che, nel ritornello, recita: “il sogno di un uomo rimane un sogno, il sogno di tutti si realizza”. Il sogno delle api si realizza nel miele, infatti. Il sogno di un gruppo sociale può realizzarsi tanto più il livello emozionale si autoalimenti dal desiderio di ognuno dei componenti, quando esiste al centro del sistema un elemento catalizzatore che li coinvolga a vortice nello scopo dell’unione. Sembra surreale ma, pensateci un attimo, quello che collega tutto, in una rete d’infiniti rapporti, è l’amore. È il senso del dare, di appartenenza, di voler a tutti i costi irradiare verso l’esterno il nostro valore aggiunto e nel contempo di avere dall’esterno valore aggiunto, senza pretese, ma solo aprendo noi stessi a ricevere, veicolando tutto il dare e ricevere su fili infiniti di una rete infinita di rapporti. Questo è il senso strutturale di un insieme di insiemi di sistemi auto-organizzanti. Ma cosa c’entra l’amore? C’entra…

Pensate al Creato, al più maestoso e straordinario sistema auto-organizzante che tutti conosciamo. Cosa lega in un ‘tutto unico’ infiniti sistemi auto-organizzanti? Forse l’amore? Si racconta che Dio era Onnipresente e Onnipotente e occupava l’intero spazio dell’Universo; tanto è vero che se ci fosse stato spazio attorno, questo avrebbe dimostrato l’imperfezione di Dio. Semplicemente sarebbe esistito uno spazio vuoto dove Lui sarebbe mancato. Dio quindi, con un abile gesto d’amore, per avviare il processo di ‘creazione’ creò un non Lui per auto-contrazione, ossia si mise un po’ da parte, ritirandosi da tutto. Questo processo di contrazione o autotrazione all’interno, è pura meraviglia divina. Dio insegna che affinché sia creato valore aggiunto occorre lasciar spazio di crescita ad altri (a volte le mamme, quelle un po’ troppo ansiose lavorano al contrario sui propri figli) e ogni altro dovrà compiere lo stesso sforzo. Questa attività iper-sistematizzata in un insieme correlato da aspetti, temi e sogni comuni, genera valore aggiunto ad alto potenziale di crescita. E la crescita coinvolge, a mano a mano, tutti i sistemi auto-organizzanti. È un processo che va quasi all’infinito.

In un concetto tipicamente di marketing, un’azienda moderna, per generare mercato con spazi di crescita, deve ‘autocontrarsi’, ossia aumentare tutto lo spazio attorno affinché ogni potenziale cliente si apra esprimendo i propri bisogni. E in questo processo di ascolto attivo da parte dell’azienda, il cliente diventa parte del tutto, occuperà un posto al centro dell’azienda stessa. Il cliente in questo nuovo contesto organizzativo sarà capace di esprimere i suoi bisogni da soddisfare, liberamente e senza condizionamenti. E l’azienda, in questo straordinario processo di auto-contrazione, stranamente e straordinariamente cresce, importando all’interno della sua organizzazione i propri clienti. Ecco perché i confini organizzativi sono circolari e indefiniti, senza alcun limite di sorta. Ma non basta: l’azienda si prende persino cura del proprio cliente, possedendo quasi una magica finalità terapeutica. L’azienda moderna, per esigenze di mercato, diventa piccola, contraendosi, ma poi si allarga nello spazio circostante assorbendo il mondo esterno per ‘metterlo dentro’ (processo di osmosi sociale).

È un concetto che ho assorbito con difficoltà. Anche quando ho cominciato a scriverlo, un po’ per credo, un po’ per prova, avevo difficoltà a renderlo credibile a me stesso. Per diventare grandi, quindi, occorre prima diventare piccoli, più che in senso spaziale in senso immateriale, o animista.

In un ambito individuale, l’umiltà appartiene a esseri ‘caratteristicamente’ intelligenti che riconoscendo in ogni istante ogni proprio limite, si fanno piccoli, in senso animista; e così facendo liberano ingressi mentali aperti alla conoscenza. Questo processo libera valore aggiunto. Diventando piccoli, si diventa grandi.

A volte, quando l’anima si spegne, ci annulliamo, ma poi in fondo abbiamo la possibilità di rinascere di nuovo. Questo processo di iper-depressione interiore, una volta avviato, richiede a un certo punto –per risalire la china– capacità di ascolto del mondo esterno. Quando si tocca il punto più basso, per ‘ricominciare a vivere la vita’ occorre aprire l’anima. E l’anima diventa quasi una spugna, capace di assorbire di nuovo la linfa della vita, ascoltando ed aprendosi al mondo. Rinnovarsi, riprogettarsi. Vale per gli esseri umani ma anche per ogni auto-organizzazione capace di ripartire di nuovo per crescere, e in un modo nuovo. ‘Vita nuova’, diceva mia nonna, ogni volta che doveva raccogliere le forze interiori per affrontare i gravi problemi familiari…

Tai Chi Chuan, l’onda e il mare: ricette per un’azienda auto-organizzante

Esiste qualche tecnica da acquisire per diventare ‘sistema auto-organizzante’? ‘Tai Chi Chuan’ curato Associazione Italiana Chen Man Ch’ing è un’antica arte marziale sviluppatasi in Cina nel XVII secolo, e divenuta ‘ginnastica lenta’ praticata a livello nazionale da tutta la popolazione cinese, in luoghi aperti, per curare il proprio stato di salute e il benessere psico-fisico.

C’è una particolarità che caratterizza questa forma d’arte che in occidente definiremo in modo improprio ‘wellness’ (ginnastica del corpo e della mente): quando si eseguono gli esercizi, all’aperto, bisogna sentirsi mentalmente parte della natura in cui si è immersi, eliminando ogni rigidità e chiusura, senza isolarsi quindi. È un atteggiamento mentale, una disposizione dell’anima che si deve trasformare in una visione completa dell’ambiente che ci circonda e nell’infinito desiderio di farne parte e in pace con gli altri, col mondo e con se stessi. I grandi gruppi di esseri umani, riuniti insieme all’aperto, eseguono gli esercizi con fare lento, fluido, silenzioso, per sentirsi mentalmente e fisicamente parte della realtà in cui tutti noi siamo immersi.

Il flusso comune è generato dall’eseguire questa strana danza del corpo in grandi gruppi auto-organizzanti.

Come arte marziale praticata, il Tai Chi Chuan è conoscenza della forma, è immaginare le relazioni con un avversario ‘ombra’ alle cui azioni solo ipotizzate mentalmente corrispondono le posture eseguite, assecondando le azioni dell’avversario al fine di neutralizzarne gli attacchi. Non ci si deve opporre agli attacchi, quindi ma, al contrario, cedere in modo flessibile. Non fare opposizione è regola che si ispira al principio del ‘wu wei’, primo pensiero ‘taoista’ che di fatto corrisponde al contrario delle reazioni istintive. E questa tecnica, abilmente assorbita dal corpo e dalla mente, porta a unirci in un flusso armonico, con gli altri, in totale armonia col mondo circostante.

Ancora una volta occorre farsi piccoli, sentire di appartenere ad un sistema in cui si è parte dell’insieme, avendo la capacità di ascoltare il prossimo, in un processo continuo di ‘interazione energetica’. Questo processo immateriale si ottiene facendo ricorso alla visione empatica del mondo circostante, evitando chiusure, paure e reazioni emotive. Quando si provano reazioni negative, istintivamente ci si chiude, e questo ci porta a non avere più capacità di sentire il mondo. Ricetta: respirare il mondo, liberando l’anima. E tutto si raffigura come un movimento circolare, armonico, lento, fluido, infinito, che infonde serenità nell’animo e nell’anima del mondo, unico sistema auto-organizzante.

 

L’autore

Angelo Mincione è un Dirigente amministrativo con attuale incarico di direzione del Reparto Logistica beni e Servizi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise ‘G. Caporale’. Esperto di programmazione e gestione integrata e sistema qualità degli approvvigionamenti di beni e servizi nella PA e in progetti internazionali. Ha maturato competenze nell’area del controllo di gestione, organizzazione e sicurezza aziendale e gestione risorse umane.

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