Uscire dall’azienda con successo

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SERVIZI DI SUPPORTO ALLA RICOLLOCAZIONE

di Erica Baroni

Nell’attuale congiuntura, è necessario trovare sistemi nuovi volti alla riqualificazione e alla ricollocazione professionale delle persone, in modo che il mercato del lavoro torni a essere attivo, vivace e dinamico. L’outplacement è un buon modo per gestire un evento doloroso con il supporto dell’azienda. Strumento di riqualificazione della persona e di formazione propedeutica a un nuovo inserimento, può offrire in questo momento un contributo importante; ecco perché dovrebbe diventare uno strumento istituzionale favorito dal Ministero del lavoro, da affiancare ad ammortizzatori sociali come l’indennità. Nel nostro Paese manca ancora una pianificazione in tal senso: l’outplacement risulta infatti uno strumento sporadico e affidato alla società privata. Potrebbe invece costituire uno dei fattori chiave per un nuovo sistema del lavoro più flessibile, aiutando le persone a gestire il cambiamento.

Incrementare la flessibilità lavorativa

Matteo Gobbi
Matteo Gobbi
Compensation&Benefits
Mediterranean Region
ABB

Per approfondire le opportunità offerte dall’outplacement, cominciamo dando voce a Matteo Gobbi –attualmente Compensation&Benefits Mediterranean Region at ABB– un giovane candidato che ha seguito un percorso di questo tipo. “Siamo alla vigilia di un cambiamento annunciato come ‘strutturale’ del mercato del lavoro italiano, dove merito, competenza e una buona dose di flessibilità andranno inevitabilmente a sostituire il concetto di ‘crescita per anzianità’ che per decenni ha abituato le vecchie generazioni all’immobilismo. Per riuscire a competere con successo in un mercato profondamente cambiato, dinamico e globale, è necessario affrontare le difficoltà legate a posizioni ideologiche e assistenzialiste e alla concezione del ‘posto fisso’ che resistono nel nostro Paese e danneggiano sia le vecchie che le nuove generazioni. In questo contesto di necessario incremento della flessibilità sul mercato del lavoro, le società di outplacement avranno a mio avviso un crescente e fondamentale ruolo di supporto al ricollocamento delle persone che rischiano di rimanere senza occupazione, servendo da ‘ammortizzatore sociale’ che, peraltro, non grava sulla collettività”. L’outplacement è un insieme di attività con cui società autorizzate agiscono a supporto del ricollocamento di persone in uscita da un’azienda a vantaggio delle quali viene svolto un lavoro di autovalutazione, riqualificazione e ricerca di nuove opportunità presso altre realtà lavorative. “L’outplacement non ti lascia solo: ti ‘raccoglie’ e ti accompagna durante tutto il processo di cambiamento, spesso non semplice, consentendo di trovare nel più breve tempo possibile un nuovo impiego” aggiunge Gobbi.

Riacquistare la consapevolezza
Il consulente di outplacement è psicologo e orientatore, supporta le persone in cerca di una nuova collocazione motivandole, accompagnandole nel processo di valutazione delle proprie risorse e di ridefinizione degli obiettivi futuri, facilitandone il contatto con il mercato esterno e supportandone i processi decisionali. “Il partner di outplacement ascolta, aiuta a razionalizzare pensieri senza però ‘imporre la risposta’, in buona sostanza ti dà fiducia. Ti consiglia sulla base della sua esperienza. Non manca infine il supporto più ‘concreto’, legato a proposte di offerte di lavoro in linea con l’obiettivo professionale inizialmente condiviso –dice Gobbi–. L’esperienza che ho vissuto è riassumibile in due parole: formativa e dinamica. Formativa in quanto è indubbiamente un’esperienza che arricchisce il proprio bagaglio personale, orienta e restituisce consapevolezza di sé, delle proprie competenze e capacità. Aiuta a sottolineare le sole qualità positive rendendo il lavoratore ancor più appetibile sul mercato. Un’esperienza dinamica e decisamente attiva, dato che il servizio di outplacement ‘mostra le possibili vie da percorrere’, senza sostituirsi al lavoratore. Solo la motivazione, l’impegno e l’effettiva volontà di cambiamento del soggetto porta al raggiungimento dell’obiettivo”.

Quando l’azienda delocalizza

Silvia Nardini
Silvia Nardini
Hr Manager Europe
Emerson

E il punto di vista delle aziende? Silvia Nardini, Hr Manager Europe di Emerson, ci racconta la sua esperienza di outplacement in quanto azienda utilizzatrice del servizio (fornito da Fairplace). “In un contesto come quello attuale –spiega Nardini– caratterizzato dalla flessibilità e dalla non certezza che il lavoro sia per la vita come lo è stato tradizionalmente in passato in Italia, le società di outplacement costituiscono per i lavoratori un vero e proprio ‘coach’; forniscono a chi si trova adesso in uno scenario di così profondo cambiamento e difficoltà, una guida, un modello di comportamento da utilizzare per rapportarsi al mercato di lavoro così come è adesso delineato. La multinazionale per la quale lavoro si è trovata nella condizione di delocalizzare all’estero e ciò ha comportato il licenziamento di circa 15 persone. In questa fase di restructuring la decisione di fornire ai lavoratori un pacchetto di uscita comprendente anche un percorso di outplacement è stata la chiave per il successo di tutta l’operazione. La percentuale di persone ricollocate al termine del percorso è stata decisamente buona ma soprattutto ho potuto constatare il cambiamento nell’atteggiamento dei dipendenti coinvolti, la maggiore consapevolezza e la conoscenza degli strumenti giusti per riposizionarsi sul mercato del lavoro” afferma Nardini. Le persone coinvolte hanno acquisito fiducia nei propri mezzi e nel proprio potenziale e hanno affrontato con metodo e tenacia il percorso per il ricollocamento. “Ho avuto modo di parlare con alcuni dei selezionatori che hanno colloquiato le persone e ho avuto la conferma che in fase di selezione si sono trovati davanti una persona con il giusto grado di preparazione per il colloquio di lavoro, non come una nozione impartita e recitata a memoria ma come una vera e propria coscienza nuova del proprio ruolo e delle possibilità legate alle competenze acquisite nella passata esperienza e alle potenzialità. Un cambiamento profondo che le ha portate ad avere successo nella fase di ricerca di un nuovo lavoro” sostiene Nardini.

Le inevitabili conseguenze della crescita inorganica

Claudio Dozio
Claudio Dozio
Hr director
Aon

Aon fa delle persone il proprio punto di forza, come dice Claudio Dozio, Hr director: “siamo un’azienda che lavora con le competenze tecniche legate alle persone, sulle quali l’investimento è molto importante. In temi di politica del personale, cerchiamo di fare tutto ciò che si può fare in termini di innovazione applicata alla gestione delle risorse umane”. Aon è un’azienda multinazionale molto attiva, con una forte solidità finanziaria; pur avendo una matrice originaria nordamericana, l’organizzazione gode in Italia di grande indipendenza e da qualche anno è al centro dell’area che comprende Grecia, Turchia, Middle East e Nordafrica. È una realtà in continua crescita, ci rivela Dozio: “in Italia, dove la struttura conta oggi 1160 persone, siamo un’eccellenza e probabilmente ci verranno assegnate ulteriori responsabilità poiché abbiamo portato ottimi risultati al gruppo. Questa crescita, anticiclica rispetto alla crisi di mercato, è sia organica –con acquisizione di clienti e persone (nel 2007 l’organizzazione era costituita da 700 persone)– sia inorganica, con l’acquisizione di molte aziende, per lo più broker piccoli o medio-piccoli e talvolta anche grandi, al fine di acquisire clienti e competenze nuovi. Questa crescita inorganica ha causato una sovrapposizione di ruoli organizzativi, soprattutto di staff –nelle aree Finance, Human Resources, Procurement, Servizi generali…– oppure tecnici: la nostra direzione tecnica cura tutti i rapporti con compagnie molto strutturate e la sovrapposizione di queste figure apicali non consente di tenere tutti a bordo”.

Da evento drammatico a opportunità di cambiamento
“In seguito all’ultima grande acquisizione –continua Dozio– che ha coinvolto un broker molto importante, abbiamo inserito all’interno della nostra organizzazione circa 100 persone su 120; le altre 20 sono state accompagnate all’uscita. In questi casi l’outplacement può essere un ottimo supporto alla persona che deve lasciare un’occupazione e cercarne un’altra. Abbiamo affrontato l’uscita di diversi dirigenti inserendo questo strumento nel mondo del brokeraggio e dell’intermediazione assicurativa, dove era poco conosciuto e ha funzionato molto bene. Intoo, a cui ci rivolgiamo da diversi anni, ci aiuta a far sì che questo percorso –oggettivamente doloroso– di accompagnamento all’uscita non si riduca soltanto a una trattativa economica ma si caratterizzi per una gestione etica”. Le persone sono state aiutate molto a rimettersi in gioco e in discussione, a cercare di capire i punti di forza e a rifarsi un’immagine per proporsi sul mercato del lavoro: da anni non cambiavano lavoro e nell’arco di sei-otto mesi sono riuscite a ricollocarsi. In questo processo, collegato a un evento definito luttuoso in termini psicologici, le persone si sono sentite supportate dall’azienda: per prima cosa hanno superato la percezione dell’evento come drammatico arrivando a concepirlo come un passaggio che è necessario gestire al meglio e sfruttarlo come opportunità di cambiamento.

Il supporto del sindacato
Nell’accordo integrativo appena siglato, Aon si impegna ad attuare sforzi per la ricollocazione delle persone tramite l’outplacement, qualora ci siano processi di riorganizzazione. “Il sindacato, coinvolto spiegando la situazione e la necessità di accompagnare alcune persone all’uscita, si è dimostrato disponibile perché ha visto che funziona. Dopo un iniziale scetticismo, in seguito a un approfondimento sul funzionamento dello strumento e la reportistica dei risultati, c’è stata un’apertura. È un supporto che parte da questioni pratiche come scrivere il curriculum, fare un’analisi delle competenze e simulazioni di colloquio, capire punti di forza, valorizzare i contatti. Sono un convinto fautore dell’outplacement, conditio sine qua non –a partire dal supporto psicologico– per gestire nella maniera più corretta l’accompagnamento fuori dall’azienda e la ricollocazione sia nel caso di licenziamenti individuali sia nel caso di uscite collettive” dichiara Dozio.

L’approccio etico
“Con Intoo abbiamo un rapporto di partnership e di fiducia –spiega Dozio– poiché applica una forte componente umana al processo di outplacement che risulta ben gestito, aspetto per noi fondamentale: le persone che abbiamo accompagnato all’uscita hanno parlato bene di noi: si sono rese conto che per ragioni organizzative non sono potute entrare in Aon e hanno giovato del nostro approccio etico all’accompagnamento all’uscita delle persone grazie al supporto fornito da Intoo, che ci informa costantemente sulle attività svolte. Inoltre, rimaniamo vicino alla persona chiedendole direttamente un feed back su come sta andando il processo, fatto molto sentito e apprezzato dalle persone. Il nostro coinvolgimento diretto sfrutta anche l’enorme network di cui disponiamo, mobilitato per agevolare il ricollocamento con risultati molto buoni. La persona percepisce così che l’azienda è attivamente presente nel processo di ricollocamento. Il fatto che le persone accompagnate all’uscita abbiano un buon ricordo di Aon è fondamentale e qualifica il nostro marchio: uno dei nostri valori è gestire con integrità e onestà la persona che, anche grazie all’outplacement, viene rispettata”.

I vantaggi

Massimo D’Alò
Massimo D’Alò
Senior Manager

Massimo D’Alò, Senior manager che ha seguito un percorso di outplacement individuale, cita due tipi di contributo offerti dalle società di outplacement: facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro a tutti i livelli tramite i contatti diretti sia con i candidati sia con le organizzazioni che si occupano prioritariamente di ricerche (head hunters, società di selezione ecc.) e pertanto velocizzare il reimpiego delle professionalità nel circuito professionale, aspetti estremamente importanti in un momento di difficoltà economica come l’attuale. Inoltre, le società di outplacement preparano al meglio le persone ‘inoccupate’ sulla situazione del mercato e sulle capacità necessarie per un più veloce reimpiego, in modo da creare aspettative più corrette da parte dei candidati ed equipaggiarli nella maniera migliore per affrontare la ricerca di un nuovo lavoro. “Lo strumento dell’outplacement può e deve essere sfruttato ancora meglio da chi vi partecipa direttamente. La disponibilità di informazioni, di banche dati e di confronto aperto con altri è molto elevata, ma forse non ancora pubblicizzata al meglio e quindi non ancora sfruttata a pieno”, sostiene D’Alò.

Un supporto completo
“Nella mia carriera manageriale –continua D’Alò– ho dovuto gestire diverse volte situazioni di ristrutturazione e mi sono pertanto trovato spesso a raccomandare un percorso di outplacement. Non ne avevo però esperienza diretta e la mia limitata percezione era che questo avrebbe essenzialmente aiutato le persone a scrivere meglio il loro curriculum, prepararsi a un colloquio, cercare lavoro via internet e forse anche ad avere un ‘luogo di lavoro’ per un certo periodo anche dopo l’uscita dall’azienda – cosa che per molte persone non più occupate può essere un aiuto anche psicologico determinante. Nella mia esperienza diretta con Right Management ho trovato molto di più; tra le altre cose, la possibilità di fare un attento bilancio delle mie competenze; un supporto decisivo nella costruzione di una più chiara consapevolezza delle mie skill; un aiuto importante nel valorizzare le mie specifiche competenze e nel riuscire a definire quelle vendibili, se necessario, anche ‘a pezzi’ secondo le opportunità; un aiuto importante nel capire che la perdita di un lavoro può essere una grande e forse unica opportunità per fare finalmente un esame della propria carriera, dei desideri e quindi capire cosa si desidera veramente; professionisti attenti mi hanno mostrato l’importanza del mercato del lavoro ‘nascosto’ e del networking; una metodologia che permette di dare struttura e ordine nella ricerca di un nuovo lavoro”.

Presenza continua sul mercato
“Tra i principali benefici, dunque, un rigoroso bilancio delle competenze, una maggiore consapevolezza di me stesso e la metodologia appresa per dare ordine alla mia ricerca. Aggiungerei poi come ulteriori benefici l’accesso a numerose banche dati su società, organizzazione, strumenti di ricollocazione, il tutto gestito e centralizzato in un sistema veramente innovativo: RightEverywhere che, di fatto, mantiene la connessione attiva sul mercato 24 ore su 24. Non ultima, la possibilità di confrontarsi apertamente e costruttivamente con altre persone nella stessa situazione. Ho vissuto questo percorso con la massima apertura e senza preconcetti. Ho percepito invece in altre persone da una parte un notevole scetticismo/cinismo e dall’altra delle aspettative esagerate di re-impiego fornite direttamente dalla società di outplacement; questo significa che lo strumento non è ancora abbastanza conosciuto e apprezzato – almeno non al livello che sarebbe opportuno in un momento come l’attuale in cui la flessibilità professionale e lavorativa deve essere sicuramente più elevata, anche per favorire la ripresa economica”.

Dove ricollocarsi

Francesco Bonvicini
Francesco Bonvicini
Corporate Hr Manager
Alfa Wassermann

Vediamo infine il punto di vista del committente di un programma di outplacement collettivo. Francesco Bonvicini, Corporate Hr Manager di Alfa Wassermann, afferma che “in un mercato ‘ad encefalogramma piatto’, una società specializzata nel monitoraggio di tutti i settori merceologici offre la possibilità di cogliere opportunità che altrimenti non raggiungerebbero il livello minimo di visibilità. In secondo luogo, attraverso il percorso di autocoscienza del candidato, vengono fatte emergere attenzioni e appetibilità a offerte di lavoro che –in mancanza del percorso di outplacement– il candidato non avrebbe altrimenti ‘approcciato’. Alfa Wassermann, che ha appena affidato a Right Management la gestione di informatori scientifici del farmaco nell’ambito del progetto Welfarma promosso dal Ministero del lavoro e Farmindustria, ha già attivato in passato Right Management per un gruppo di dipendenti, che operavano in rami d’azienda non più core. “Abbiamo cercato un partner che si facesse carico, insieme ai meccanismi tradizionali (incentivo all’esodo e/o mobilità) –a carico dell’Azienda– di assistere il lavoratore per acquisire una corretta consapevolezza delle proprie competenze, per identificare opportunità professionali contigue ai compiti e ruoli precedentemente ricoperti, e per facilitarne la visibilità in un mercato del lavoro che nell’ultimo quinquennio si è molto complicato a fronte del calo delle offerte professionali” continua Bonvicini. Nella maggioranza dei casi le persone interessate hanno trovato una nuova occupazione, nel settore di provenienza (farmaceutico) o nell’industria più in generale. In una quota residua, invece, il percorso di autovalutazione ha portato gli ex colleghi a identificare aree economiche nuove nelle quali investire se stessi (imprenditoria diretta, agenzia ecc.). In generale il feed-back delle persone coinvolte è stato positivo: l’impressione è stata quella di avere a fianco un consigliere affidabile, introdotto nel mercato del lavoro, che ha anche facilitato l’effettuazione dei passi burocratici necessari a intraprendere una nuova strada economico-professionale valida a disegnare il proprio futuro in modo sostanzialmente diverso da come si era immaginato.   

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