Tag: Alberto Basso

, , , , , , , , , , ,

Risonanze musicali – di Mauro De Martini –

Le contraddizioni organizzative mi hanno sempre affascinato, non tanto per una disposizione giudicante o per razionalità logica, ma perché manifestano la complessità dell’animo umano e rivelano le intricate dinamiche del ‘vivere insieme’. Incontro una di queste contraddizioni in alcune organizzazioni che iscrivono i propri collaboratori ai corsi sulla creatività. Ad alcuni ho partecipato personalmente. Posso testimoniare che il più delle volte sono molto ben progettati, i formatori sono bravi, preparati, creativi, appunto. Ciò che mi colpisce, tuttavia, è che i corsi sono tenuti presso aziende che non lasciano spazio alcuno alla creatività, che sono normate dai piedi fino alla punta dei capelli, sorvegliano ogni minimo dettaglio e seguono procedure rigidissime, partendo dal come svolgere le mansioni e arrivando al modo di vestire, di rispondere al telefono, di scrivere le e-mail. Le regole sono utili. Sono d’accordo, ma mi domando dove può portare un eccesso di regolamentazione. Se ci domandiamo cosa significhi essere creativi, incontriamo modelli che celebrano un modo di pensare ‘non convenzionale’, ‘divergente’, ‘al di fuori degli schemi’, ma la maggior parte delle organizzazioni richiede rispetto delle convenzioni, delle regole, e soprattutto persone ‘allineate’. Qui sta la contraddizione. Si desiderano persone creative, che mettano a disposizione dell’azienda la loro capacità di innovare, ma la creatività deve essere esercitata in modo convenzionale, molto rispettoso delle norme e delle procedure. In questo periodo s’invocano a gran voce creatività e innovazione, come se possedessero un potere magico o messianico, ma è evidente che stiamo attraversando un momento difficile per la libertà, humus indispensabile per la creatività. Da tempo si assiste a una progressiva, ma inesorabile, regolamentazione di ogni attività umana, e non solo negli ambienti aziendali, ma anche in quelli sociali. Per ogni cosa c’è una nuova regola, una legge, un vincolo. Questa deriva, che mi sembra stia diventando sempre più aggressiva, invece di manifestare un progresso segnala un’involuzione, una rinuncia all’autoregolazione della coscienza individuale, della cultura civile e della responsabilità. I motivi addotti per giustificare il ‘nuovo ordine’ sono ‘la mancanza di risorse’, la necessità del ‘convivere pacifico’, il mantenimento di uno standard qualitativo elevato. Ma se scendiamo sotto la superficie, incontriamo protezione di potere e privilegi, paura del cambiamento, difese di casta. Tutto ciò mi ricorda il periodo della vita in cui il grande Bach, in qualità di Director Musices a Lipsia, si scontrò con il potere religioso e civile della città. Le autorità manifestavano un atteggiamento convenzionale e burocratico, che mal si accordava con il temperamento e il genio creativo del compositore. Nonostante un’immagine che ha resistito per anni, e che rappresentava Bach come vittima, il compositore, ben consapevole del proprio valore, non si sottomise facilmente agli obblighi, spesso vessatori, che il suo ruolo prevedeva. Ne nacque un conflitto fatto di lettere, polemiche, scaramucce, colpi bassi, su questioni apparentemente di poca importanza, ma che puntavano a riportare Bach al rispetto dell’autorità. Bach, in una lunga lettera –‘report’ si direbbe oggi−, fece notare ai suoi capi che gli organici erano inadeguati, sia in termini di numero, che di preparazione musicale. Bach si rendeva conto che queste carenze gli impedivano di esprimere pienamente la sua creatività. Lui puntava a un nuovo linguaggio musicale, più complesso rispetto a quello dei suoi predecessori, che richiedeva competenze maggiori e organici adeguati: “Lo status musices attuale è totalmente diverso: la tecnica è molto più complessa, il gusto si è alquanto modificato, e la vecchia maniera di far musica non suona più confacente alle nostre orecchie, di modo che sarebbe necessario poter disporre di un aiuto più considerevole. Si dovrebbero scegliere soggetti che fossero capaci di applicare il nuovo modo di far musica, al tempo stesso costoro dovrebbero essere in grado di soddisfare il compositore nella realizzazione delle sue musiche: e invece quei pochi beneficia, che semmai avrebbero dovuto essere aumentati, anziché diminuiti, ora sono stati tolti al chorus musicus». La richiesta non venne accolta, anzi, scrive Alberto Basso: “si minimizzavano i risultati musicali e per contro si privilegiavano i doveri di ufficio intesi come supina accettazione dei regolamenti, dei patti scritti e di un certo costume imposto dall’alto”. Nihil sub sole novi! Leggi tutto >

Cookie Policy | Privacy Policy

© 2019 ESTE Srl - Via Cagliero, 23 - Milano - TEL: 02 91 43 44 00 - FAX: 02 91 43 44 24 - segreteria@este.it - P.I. 00729910158
logo sernicola sviluppo web milano