A scuola di Mindfulness perché mentre lavori vivi

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di Lucia Landi

Nella definizione di Jon Kabat Zinn –uno dei massimi pionieri dello sviluppo e dell’introduzione di questa disciplina– la Mindfulness è un’attenzione intenzionale nel momento presente e in modo non giudicante al fluire della nostra vita. La presenza attenta e non giudicante a quello che c’è, come alla persona che è davanti a me in questo momento, produce frutti anche per la qualità delle relazioni, nel team e nell’azienda. Più ascolto significa più sintonia, empatia e sollecitudine. In altri termini più intelligenza emotiva e sociale. Questa è l’esperienza della Cassa di Risparmio di Cento che ha organizzato per 21 talenti aziendali due giornate di Mindfulness, perché questa disciplina può assolutamente essere calata in contesti aziendali dove a guidare le azioni –spesso– sono budget, indicatori e performance.

 

Sono sempre stata affascinata da Siddharta, principe indiano che un bel giorno decide di abbandonare il palazzo del padre e tutte le sue ricchezze per cercare il vero significato della vita fino a raggiungere l’illuminazione. Cosa lega l’esperienza di un personaggio vissuto nell’India di 2.500 anni fa con le esigenze e le performance lavorative dei giorni nostri? La risposta è che la qualità delle nostre decisioni è in funzione di quella del nostro ambiente mentale. Una mente che non è in grado di gestire, analizzare e comprendere la realtà difficilmente porterà a relazionarsi con altri in maniera corretta. Dovendo ognuno di noi confrontarsi ogni giorno con capi, colleghi –o più in generale con esseri umani portatori del proprio bagaglio di emozioni, vissuti e pre-concetti– ho ritenuto di grande valore portare nella azienda dove lavoro la pratica della presenza mentale, coinvolgendo 21 talenti aziendali che, sotto la guida di Filippo Scianna, Direttore Centro Buddista Istituto Lama Tzong Khapa, hanno potuto toccare con mano e soprattutto con la mente i benefici di questa pratica.

Regolare le emozioni per prevenire e gestire lo stress
L’acquisizione di un atteggiamento non giudicante rispetto a pensieri ed emozioni consente di identificare gli assunti che guidano le interpretazioni che si danno a percezioni e stimoli interni ed esterni. La regolazione delle emozioni, infatti, è alla base della prevenzione e gestione dello stress.
La Mindfulness è uno stato mentale che può essere coltivato e stabilizzato attraverso particolari tecniche: “È una modalità dell’essere, non orientata a scopi, il cui focus è il permettere al presente di essere com’è e di consentire a noi di essere, semplicemente, in questo presente”. Si tratta quindi di uno stato mentale non concettuale, non-discorsivo, non-linguistico, eche soprattutto ‘apre’ a insight che portano alla comprensione profonda del funzionamento della mente stessa.
Questo modo di essere può offrire un luogo di sicurezza e pace, una ‘base sicura’, che è innata nella nostra naturale costituzione. “È stupefacente quanto sia liberatorio l’essere capaci di vedere che i tuoi pensieri sono solo pensieri e che non sono ‘te stesso’ o ‘la realtà’… Il semplice atto di riconoscere i tuoi pensieri come tali, può renderti libero dalla realtà distorta che essi spesso creano e genera un maggior senso di chiarezza e di padronanza sulla tua vita”, ha scritto Jon Kabat Zinn, uno dei massimi pionieri dello sviluppo della Mindfulness.
Non è facile rendere a parole ciò che si riferisce innanzitutto a un’esperienza vissuta, a uno stato mentale, a uno stato di coscienza. Proprio per tale motivo, cioè per favorire una comprensione diretta attraverso l’esperienza, spesso si sceglie di non tradurre il termine inglese Mindfulness (a sua volta derivato da sati in lingua pali). Le traduzioni più immediate, ossia “consapevolezza, attenzione, presenza mentale, piena presenza”, rischiano, infatti, di dare il via a una serie di associazioni semantiche svianti e non esaustive.

 

Le prime applicazioni sui malati cronici
L’applicazione della Mindfulness per interventi sullo stress –o di tipo preventivo– può allora portare a importanti benefici. La prima applicazione della Mindfulness allo stress si è avuta nel 1979, con il programma di Mindfulness based stress reduction (Mbsr).
I primi destinatari di questo programma furono i malati cronici: per contenere lo stress portato dalle sofferenze continue, Kabat Zinn sottopose i pazienti a un ciclo di otto incontri, che prevedevano la pratica attiva della disciplina. Alla fine del trattamento, si osservò un aumento delle strategie di coping positive e una diminuzione di quelle negative nei pazienti.
Un programma di studio, fondato sulla Mbsr è stato svolto più recentemente dal Centro di Ricerca Extreme Physiology (organizzazione che ha come obiettivo principale l’analisi della risposta psicofisica dell’organismo a condizioni estreme), con operatori socio-sanitari, medici e infermieri. Prima dell’inizio del programma, il personale sanitario è stato sottoposto a misurazioni psicofisiologiche per rilevare una condizione di stress, quali Ecg, misurazione di valori pressori pre e post turno di lavoro, rilevazione del cortisolo e del colesterolo nel sangue, test psicometrici per valutare lo stress percepito ed eventuali disturbi del sonno. Successivamente il personale è stato introdotto alle pratiche Mindfulness. Al termine degli incontri sono state effettuate nuovamente delle misurazioni psicofisiologiche per valutare in che modo fossero variati i livelli di stress percepito. Analisi statistiche hanno evidenziato una diminuzione del valore medio della scala relativa all’ansia e allo stress.

Depressione prima causa d’assenza nel 2020
Lo stress lavorativo può essere definito come un danno fisico e una risposta emotiva che interviene quando le caratteristiche del lavoro non corrispondono alle capacità, risorse o bisogni dei lavoratori (definizione dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, Eu-Osha 2009).
Lo stress non è una malattia, ma uno stato di prolungata tensione che può ridurre l’efficienza sul lavoro e può causare gravi problemi di salute psicologica e fisica. Lavorare sotto una certa pressione per un breve periodo può migliorare le prestazioni e, quando si raggiungono obiettivi impegnativi, può anche produrre effetti psicologici positivi quali un aumento della soddisfazione lavorativa, motivazione e senso di autoefficacia personale. Al contrario, quando le richieste e la pressione diventano eccessive e prolungate possono causare stress e gravi problemi di salute mentale e fisica.
L’Accordo europeo sullo stress sul lavoro dell’8 ottobre 2004 chiarisce che “considerare il problema può voler dire una maggiore efficienza e un deciso miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza, con conseguenti benefici economici e sociali per le aziende, i lavoratori e la società nel suo insieme”. ù
Attualmente la legge che disciplina la valutazione del rischio di stress lavoro correlato è il Decreto legislativo 81/08, articolo 28 e successive modifiche e integrazioni, che obbliga il datore di lavoro a effettuare una valutazione secondo quanto previsto dall’Accordo europeo. Affrontare lo stress lavoro correlato e i rischi psicosociali può essere considerato costoso, ma le ricerche mostrano che ignorare questi rischi è ben più costoso (Eu-Osha, 2013). La condizione di stress interessa, infatti, circa il 22% dei lavoratori in Europa ed è stato stimato che una percentuale compresa tra il 50 e il 60% delle giornate lavorative perse in un anno sia correlata allo stress lavorativo (Eu-Osha, 2000).
Da una relazione del 2014 dell’Eu-Osha è inoltre emerso che l’ingente costo economico dello stress lavorativo è correlato alla perdita di produttività, all’assenteismo per malattia e all’assistenza sanitaria. Le ricerche indicano poi che è altamente probabile che il fenomeno aumenti in futuro, a causa di alcuni cambiamenti in corso nel mondo del lavoro (per esempio contratti di lavoro precari, insicurezza lavorativa, forza lavoro sempre più vecchia, squilibrio con la vita privprivata): l’Organizzazione mondiale della Sanità prevede che entro il 2020 la depressione –spesso associata a uno stile di vita stressante– sarà la principale causa di assenza sul lavoro.
Gli interventi psicologici volti alla prevenzione e gestione dello stress lavorativo possono essere suddivisi in due tipi di interventi: diretti all’organizzazione e diretti all’individuo. I primi riguardano quelli di tipo organizzativo che agiscono su quei fattori di rischio relativi al contenuto e al contesto del lavoro (per esempio job redesign e job rotation). Questi interventi risultano essere efficaci in quanto vanno ad agire direttamente sulla fonte di stress, ma sono di difficile attuazione in quanto richiedono importanti risorse e l’implementazione di veri e propri cambiamenti organizzativi.
Gli interventi a livello individuale mirano a promuovere efficaci strategie di coping e di resilienza individuale al fine di modificare la valutazione cognitiva del potenziale stressor e, di conseguenza, ridurre il suo potenziale impatto negativo sulla salute.
A questo proposito, le tecniche di rilassamento –tra cui in particolare la Mindfulness– sono risultati efficaci strumenti di gestione dello stress, utili anche a fronteggiare gli eventi stressanti nei luoghi di lavoro.

Crescita personale e sviluppo professionale
La Mindfulness è la base per la crescita personale e lo sviluppo professionale; una capacità che agendo direttamente sul livello della persona permette di migliorare anche le competenze di un ruolo all’interno dell’organizzazione. Siamo nel campo del training della persona e del cambiamento nelle persone. Che poi significa organizzazioni, che crescono, si sviluppano e imparano ad affrontare efficacemente i numerosi cambiamenti che la società moderna impone.
Stiamo parlando di accompagnare le persone e le organizzazioni in un percorso di crescita per lo sviluppo di quelle competenze trasversali che contraddistinguono il valore aggiunto delle imprese moderne. Ma stiamo parlando pure di vera leadership e di followership: capacità indispensabili per poter lavorare con efficienza in team. Insomma, la Mindfulness come capacità di rispondere (che è diverso da reagire) efficacemente all’eccessivo stress, imparando a gestirlo e a ridurre la sofferenza e il disagio, non solo nel lavoro. Anche in Italia molte aziende (ma pure numerose Business School) stanno inserendo il training alla pratica di Mindfulness nei loro programmi di sviluppo risorse umane. Diverse sono le ragioni –attinenti aree differenti, ma fortemente convergenti– che spiegano il motivo di questa diffusione.
La prima investe l’area del personal developement di quadri e dirigenti: sempre di più assistiamo a una presa di coscienza che la formazione e l’apprendimento vadano perseguiti con percorsi che lascino spazio alla soggettività, alla messa in gioco dell’individuo e al lavoro su se stesso. In questo senso va letta la crescente diffusione del coaching. Questi approcci formativi sono adottati dalle organizzazioni che necessitano di quadri e manager più consapevoli, presenti, capaci di ascolto, ricettivi e aperti al cambiamento, meno reattivi e intrappolati in reazioni emotive automatiche e inconsapevoli, come la paura del nuovo, l’ansia e l’autoriferimento. I programmi di Mindful leadership vengono condotti per far crescere capi consapevoli ed empatici, capaci di assumere profondamente il proprio ruolo all’interno dell’organizzazione e di gestire efficacemente i gruppi di lavoro.
Una seconda ragione di diffusione della Mindfulness nei contesti organizzativi riguarda il tema delle relazioni. La presenza attenta e non giudicante a quello che c’è, alla persona che è davanti a me in questo momento, produce frutti anche per la qualità delle relazioni, nel team e nell’azienda. Più ascolto significa più sintonia, empatia e sollecitudine. In altri termini più intelligenza emotiva e sociale. Il punto è proprio costruire, passando per le singole persone, quel Mindful workplace –il luogo di lavoro consapevole– che rifletta le qualità viste sopra.
La terza ragione investe l’area energia-stress-benessere. Le aziende rischiano di diventare ambienti con elevati livello di stress diffuso, questa situazione ‘brucia’ l’energia delle persone e quindi dell’azienda, e provoca situazioni di squilibrio, di potenziale burn out, aumenta il rischio di turnover, e i livelli di assenteismo con un relativo calo della produttività delle imprese.
La pratica della Mindfulness attiva risorse e consapevolezze che consentono alle persone di passare a un livello più consapevole di rapporto con le cause di stress e di imparare a gestire le situazioni contribuendo a una vita lavorativa più appagante con il conseguente incremento delle performance.

 

Ogni situazione è mutevole
I feedback dell’iniziativa di introduzione della presenza mentale in azienda sono stati molti e tutti positivi; i nostri talenti si sono percepiti più presenti, ludici e produttivi. Alcuni stanno continuando ad applicare la Mindfulness con costanza, altri stanno cercando di dedicare almeno qualche minuto della giornata alla presa di coscienza di se stessi e del proprio respiro, altri ancora stanno approfondendo quanto imparato.
Come insegnamento, personalmente sento che è necessario uscire dal think positive e cercare di vedere per forza il bello e il buono in ogni situazione. Non che questo atteggiamento sia sbagliato o da condannare, ma i tempi attuali ci impongono di accettare qualsiasi realtà ci si presenti, sia essa positiva o negativa, sia essa un successo o una sconfitta. La Mindfulness può allora rappresentare il nuovo modo di analizzare le diverse esperienze di vita, coltivando quell’atteggiamento che consente di ridurre la fatica e le sofferenze legate a situazioni difficili. Questa è la vera sfida: rendersi conto che ogni situazione e ogni stato d’animo sono per loro natura mutevoli e per questo è necessario accettarle, senza giudizio, nel qui e ora, per quello che sono.

 

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