La progettazione formativa trait d’union tra l’analisi delle competenze e il loro sviluppo

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di Paolo Guazzotti, Associate Partner Ergon MasterTeam Network

Albert Einstein diceva che un problema ben analizzato è per tre quarti risolto… e siamo abbastanza certi non si riferisse solo al campo della fisica. Anche in quello della formazione e dello sviluppo delle risorse umane riuscire a comprendere a fondo, sviscerare, collegare i risultati delle iniziative di assessment delle persone è fondamentale per avviare una progettazione formativa in grado di indirizzare, valorizzare, riempire di senso la formazione. Spesso questa fase di diagnosi e di collegamento è semplicemente saltata, ci si affida a formazione “a catalogo”, “pronta subito”, “chiavi in mano”, oppure è semplificata, ridotta a un meccanico collegamento gap di competenze-tematiche formative a catalogo. In realtà, tale fase è strategica e va condotta secondo alcuni crismi:

• Nell’assessment di competenze rilevare la motivazione dei partecipanti rispetto a particolari modalità formative è una informazione importante in ottica progettuale e permette di porre le basi per una maggiore responsabilizzazione rispetto al percorso di crescita (non va mai dimenticato che la formazione attiva dei processi di cambiamento sia individuale che a livello organizzativo).

• Le capacità oggetto degli assessment (es. comunicazione efficace, orientamento ai risultati, leadership, problem solving ecc.) trovano nella formazione una loro specifica declinazione a seconda della popolazione/cluster cui si riferiscono (es. la leadership dei capi intermedi non è quella dei primi riporti del vertice)

• Anche le metodologie formative e non solo i contenuti debbono tenere conto del livello organizzativo della popolazione cui sono destinate

• Se è vero che nella progettazione di interventi di formazione, per ragioni di efficienza e fattibilità, ci si ritrova spesso a progettare per fascia, cluster di popolazione, aule e non ad personam, è altrettanto vero che tener presente attentamente -nel delivery d’aula- anche casistiche individuali, può permettere di attivare successivi interventi maggiormente mirati (es. coaching individuale). In questo senso nel delivery è contenuta una fase di assessment sui generis e di riprogettazione che rende la formazione sempre più “di senso”, reale, vicina.

• Quando si formano diverse popolazioni su temi e competenze comuni o assimilabili occorre che ciò avvenga negli stessi tempi. Se la lingua è la stessa, tutti la devono saper parlare nello stesso tempo o, perlomeno, poter accedere al suo dizionario.

• Trattandosi di formazione comportamentale occorre poi progettare interventi contraddistinti da modalità che seguano i principali meccanismi di apprendimento: dalla concettualizzazione astratta alla sperimentazione
In definitiva quindi, al di là dei criteri elencati, il messaggio è molto semplice: progettazione, delivery e monitoraggio sono facce della stessa medaglia, intimamente connesse. Il formatore e l’azienda ne debbono tenere conto, pena l’attivazione di interventi formativi che –quando ci dice bene– sono come acqua fresca.

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