Neoassunti, costruire un percorso efficace per coinvolgere le persone

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di Daniela Gomiero
Una rete di vendita formata e coinvolta rappresenta un elemento fondamentale per garantire risultati continuativi. Coinvolgere e preparare da subito le persone attraverso un processo di induction training strutturato può creare le basi per responsabilizzare su ruolo e mansioni, diffondere identità e senso di appartenenza, stimolare fin dall’inizio comportamenti corretti ed efficaci. Tutto questo per disporre di uno staff capace di portare avanti gli obiettivi aziendali con passione e impegno.

Per far sentire le persone nel posto giusto, per enfatizzare l’impegno dell’azienda a prendersi cura dei propri collaboratori e per trasmettere valori e filosofia nel modo più corretto e coerente possibile, non basta un passaggio di informazioni tecniche. Serve anche trasmettere motivazione e rassicurazione durante il processo di induction training: purtroppo a volte le potenzialità di questo momento cruciale vengono sottovalutate e in fase di inserimento vengono presi in considerazione solo i fattori necessari alla collocazione in azienda, perdendo una grande opportunità di aumentare drasticamente la retention della nuova risorsa.
Eppure l’esigenza primaria del nuovo collaboratore, soprattutto se dislocato sul territorio, è quella di sentirsi fin dai primi momenti parte integrante del gruppo, essere accolto attraverso percorsi formativi dedicati e percepire che l’azienda ha a cuore la sua integrazione e la sua crescita professionale.
Secondo lo studio internazionale Onboarding: speeding the way to productivity effettuato da Taleo Research nel 2006, meno della metà degli intervistati (48%) si sono detti soddisfatti del processo di onboarding dell’azienda per cui lavorano. E nella stessa ricerca più della metà degli interlocutori (54%) ha rilevato nel processo un’effettiva inconsistenza e discontinuità.
Se dal punto di vista dei neoassunti c’è insoddisfazione, dall’altra parte anche le aziende si rendono conto che probabilmente ci sono delle aree di miglioramento nell’affrontare questo delicato aspetto.
Stando a uno studio effettuato nel 2007 da Recruitment Solutions, le aziende in media hanno rilevato che il 47% dei neoassunti decide di non proseguire il percorso intrapreso dopo 90 giorni con il 60% delle aziende stesse che citano proprio nel perfezionamento del proprio programma di induction il punto focale per invertire questa tendenza. A rafforzare questa riflessione ci ha pensato un’altra ricerca di Aberdeen Group che ha scoperto che l’86% degli intervistati concorda sul fatto che le nuove risorse confermano la loro volontà di aderire al progetto dell’azienda nei primi sei mesi di lavoro.
Puntando la lente d’ingrandimento sull’Italia, un’analisi condotta da RDA Group per conto di Kelly Services afferma che le aziende della Cina sono le più propense (77%) ad adottare un approccio strutturato volto a guidare i neoassunti e a farli integrare nell’organizzazione, mentre quelle italiane si trovano sul versante opposto (36%). Ultimo dato, ma non per importanza: stando a un’analisi di LinkedIn, il 4% dei neoassunti lascia l’impiego dopo un primo giorno disastroso.
Sebbene l’onboarding risulti spesso quasi una formalità da sbrigare, quello che, invece, dovrebbe rappresentare è un processo strategico da inserire di diritto negli obiettivi della mission aziendale: più velocemente la nuova risorsa sarà coinvolta nel contesto della filosofia aziendale e avrà chiaro qual è il suo compito e come svolgerlo, più breve sarà il tempo che la separerà dal contribuire fattivamente al raggiungimento degli obiettivi.

Strutturare un corretto induction training
Innanzitutto ci si deve convincere del fatto che, nel caso non si abbia ancora concepito un processo di induction training articolato, sarà necessario convogliare nel suo sviluppo le adeguate energie e risorse, anche in termini temporali. Ma la buona notizia è che, una volta raggiunta un’ottimale organizzazione della documentazione e una volta raggiunto un soddisfacente risultato, il fattore ‘riusabilità’ giocherà completamente a nostro favore e ciò che dovremo fare sarà solo valutare puntualmente, attraverso i feedback dei nuovi arrivati, l’efficacia dei nostri sforzi.
Stando a quanto affermato da Michael Watkins, Presidente di Genesis Advisers e autore dei libri The first 90 days e Your next move, ci sono quatto campi che in fase di induction le nuove leve devono saper padroneggiare: orientamento al business; adeguamento alle aspettative per il ruolo che ricoprono; relazioni professionali; adesione alla cultura aziendale. Molto spesso gli ultimi due aspetti sono quelli più difficili da veicolare e anche quelli che più facilmente vengono tralasciati sia da chi assume sia da chi viene assunto.
Ma quali sono i parametri da prendere in considerazione nello strutturare un corretto percorso di induction training?
Innanzitutto è necessario analizzare le varie fasi che dovrebbero costituire ogni processo di onboarding:
• pre-boarding: il periodo che precede l’inizio effettivo della prestazione lavorativa che va da una a due settimane precedenti all’assunzione;
• primo giorno: momento di accoglienza del nuovo assunto;
• prime settimane: il periodo durante il quale trasmettere i concetti base per l’attività da svolgere sul punto vendita;
• post-inserimento: il periodo durante il quale si mette alla prova la risorsa per verificare effettivamente la sua aderenza alla posizione (da un mese a tre mesi).

Pre-boarding
Il pre-boarding, sovente più sottovalutato, rappresenta un valido alleato per ridurre tempi e costi dell’inserimento: servirà innanzitutto a gettare le basi dell’orientamento del neoassunto e ci permetterà di sbrigare una serie di necessità burocratiche che verrebbero prese in carico nella prima settimana di lavoro (vedi Tabella 1).


Primo giorno
Il primo giorno dovremo concentrare la maggior parte delle nostre energie su alcuni aspetti fondamentali. Mi è capitato di apprendere di casi in cui i nuovi arrivati venissero immediatamente dirottati verso il magazzino per riorganizzare della merce appena giunta oppure in qualche reparto del negozio per prendere subito confidenza con le funzioni operative cui erano destinati. Certo, in alcuni casi può essere un approccio efficace, ma sicuramente questa modalità non rientra in un percorso lungimirante.
Il primo giorno in-store dovrebbe essere dedicato all’analisi della job description, alla presentazione del team, a una visita guidata e completa dello store e alla consegna di kit e manuali da consultare all’occorrenza (vedi Tabella 2). Facciamo sempre in modo che la nostra modalità sia divertente e interattiva, il cervello non è predisposto per immagazzinare e organizzare in una sola volta un’elevata quantità di informazioni.
La scelta di un tutor interno di riferimento, ove possibile, potrebbe essere un’ottima soluzione: un volto amico sarà importante dal punto di vista sia emotivo sia pratico, perché permetterà al neoassunto di sciogliere eventuali dubbi e di apprendere direttamente i dettagli del mestiere. L’obiettivo che dovremo prefissarci a conclusione della prima giornata di lavoro sarà che ciascun nuovo collaboratore abbia chiara la direzione intrapresa e sappia qual è il suo scopo in funzione degli obiettivi da raggiungere.

 

Prime settimane
Dopo le prime settimane sarà nostro compito cominciare a testare l’efficacia del percorso delineato e sarà quindi fondamentale chiedere un feedback al neoassunto sulle modalità di apprendimento e, inoltre, sarà utile vagliare da subito le conoscenze acquisite attraverso test e schede di valutazione. Non sottovalutiamo questa attività perché offre un duplice vantaggio: capire lo ‘stato di salute’ del nostro nuovo collaboratore e valutare nel contempo l’incisività del processo di induction, poiché quest’ultimo dovrà sempre attenersi alle esigenze dei nuovi assunti e dell’azienda, entrambe in costante evoluzione (vedi Tabella 3).

Il post-inserimento
È il momento di fornire al collaboratore un piano per obiettivi consultabile sia online sia in forma cartacea. Questo per permettere un monitoraggio costante dei risultati con cadenze regolari: i primi 90 giorni saranno per esempio determinanti per capire se l’induction training ha funzionato, se la risorsa ha deciso di confermare la propria fiducia all’azienda, se essa presenta tutte le caratteristiche e le capacità corrispondenti al profilo. Al termine del periodo di prova è importante avere tutti gli elementi per capire se il neoassunto è il collaboratore giusto.

I vantaggi dell’induction training
Si resta realmente sbalorditi quando si apprende quali e quanti possono essere i vantaggi di un corretto processo di onboarding e di uno strutturato percorso di induction training. Ma la verità è che le energie che abbiamo impiegato per svilupparli verranno ampiamente ripagate.
Migliora la talent retention: la nostra nuova risorsa apprezzerà da subito l’efficiente organizzazione dell’azienda ed essere immediatamente coinvolta nei processi non farà che confermare la sua scelta; perché ricordiamoci che non siamo solo noi ad aver dato fiducia al collaboratore selezionato, lui a sua volta ha scelto di intraprendere un percorso con noi ed entrambi dobbiamo esserne soddisfatti e convinti.
Aumenta la produttività in brevissimo tempo: il Roi dei nuovi assunti sarà molto più rapido e potremo contare in fretta su un elemento che ha ben chiaro il focus dei nostri obiettivi.
Riduce il tempo e le energie da dedicare al nuovo assunto: non perché quest’ultimo non meriti il nostro tempo, per quanto sia utile automatizzare certe pratiche, il contatto umano risulterà fondamentale per l’integrazione. Diventa però indispensabile ottimizzare le energie: più il neoassunto è confuso riguardo gli aspetti che riguardano il suo inserimento, più chiederà il supporto di manager e colleghi e questo potrebbe rivelarsi dannoso per entrambi. Se, invece, il nostro percorso di induction onnicomprensivo non avrà tralasciato nulla, potremo concentrarci solo sugli aspetti pratici delle sue funzioni operative.
Riduce i costi di formazione: fornendo al neoassunto del materiale educativo e informativo adeguato, magari integrando la forma cartacea (manualistica) a quella multimediale (video e percorsi e-learning), questo sarà in grado di reperire tutte le informazioni necessarie in autonomia senza aver bisogno di ulteriori sessioni formative in orario lavorativo. Ricordiamo sempre che fare induction è già formazione!
Non viene dato abbastanza rilievo in fase di ‘imprinting’ a ciò che la cultura e la filosofia aziendali rappresentano per la corretta interpretazione del proprio ruolo: se sapremo veicolarli da subito nel modo giusto, il neoassunto potrà aderire ai nostri valori con convinzione e dare un senso al proprio lavoro anche in loro funzione.
Riduce notevolmente il rischio di errori su un duplice piano: sia in fase operativa sia nell’ambito della sicurezza aziendale.
Non sottovalutiamo l’aspetto emotivo della nostra nuova risorsa: prima di essere un collaboratore, ovviamente, è anche una persona con esigenze, reazioni e sensazioni: anche in ambito di talent retention è nostro dovere far agire il nuovo arrivato in un clima disteso e consono riducendo quanto più possibile ansia e stress che il nuovo lavoro comporta. Questo avrà come effetto diretto un sensibile miglioramento dell’umore dei nuovi assunti così come un miglioramento della qualità del tempo da loro speso sul posto di lavoro.
Troppo spesso una buona selezione viene vanificata da un induction training non adeguato, tralasciando il fatto che questo processo getta veramente le basi per il futuro del collaboratore in azienda. Se fin da subito metteremo in campo gli strumenti giusti, alla persona daremo l’opportunità di esprimere al meglio il proprio potenziale e a noi la possibilità di prendere decisioni su di lui basate su elementi oggettivi. 

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