Ne vale la pena

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Di Lauro Venturi

A fine anno concludo un’esperienza professionale molto importante.

A ottobre 2010 venni nominato commissario straordinario di CNA Milano Monza e Brianza, che versava in unagravissima situazione.

Poiché penso che CNA sia conosciuta in misura inferiore alla sua reale consistenza, segnalo solamente tre dati: 670.000imprenditori associati, poco meno di 10.000 dipendenti e 128 sedi in tutta Italia.

Quando mi chiesero questa disponibilità risposi subito di sì, per senso di dovere e voglia di cimentarmi in una nuovaesperienza. Arrivai a Milano ai primi di novembre e quello che più mi colpì fu la sciatteria dei locali che ospitavano la sede provinciale.

Decisi il giorno dopo di iniziare il giro delle sedi territoriali, per incontrare le persone che vi lavoravano: la situazione di disordine e abbandono si confermò. Chi mi conosce sa bene del mio stile minimale, che nulla concede al ‘di più’, ma ordine e decoro sono per me irrinunciabili.

Come sempre succede, l’aspetto esterno era rappresentativo della situazione funzionale: senso di smarrimento, rabbia e sfiducia tra i collaboratori e i soci, clima di altissima conflittualità, conti drammaticamente in rosso e disequilibri economici abissali. Per lunghi mesi lavorai come un forsennato. Di giorno incontravo creditori, collaboratori e soci; di sera, fino a tarda notte, prima in albergo e poi nell’appartamento che finalmente mi accolse, lavoravo su bilanci, conti e documenti. Toccai con mano i disastri che l’irresponsabilità, l’incompetenza e l’arroganza di chi decide e gestisce procurano alle cose e soprattutto alle persone.

Convocai i sindacati e la RSU per dire loro che i cassetti erano vuoti: i dipendenti restarono alcuni mesi, tra i quali dicembre con annessa tredicesima, senza stipendio.

Ci furono tensioni inenarrabili, che non potevo affrontare nascosto dietro a qualche direttore del personale.

Dovevo metterci la faccia, presentare con trasparenza i conti, proporre le soluzioni realisticamente possibili.

Ricevevo mail disperate e incazzate dai dipendenti, le banche mi chiusero tutti i conti, la barca sembrava ogni giorno affondare. Non ci fu però nemmeno un’ora di sciopero e nessun articolo ostile sui giornali.

Insieme ai colleghi di CNA regionale e nazionale predisposi un piano di ristrutturazione e il sistema associativo mise a disposizione le risorse necessarie per il risanamento.

Nel frattempo ricostruivo le relazioni con le altre associazioni imprenditoriali e le istituzioni di riferimento.

Iniziai a costruire un piccolo gruppo di collaboratori, che credesse nella sfida che dovevamo affrontare, che si fidasse e si affidasse. Mi inventai un ‘coordinamento imprenditori’ per coinvolgere un gruppo di soci durante il commissariamento, che giustamente azzera tutti gli organi dirigenti. Molte di queste persone compongono, dal giugno scorso, la presidenza e la direzione provinciale.

Mi piacerebbe, prima o poi, scrivere di più su questa esperienza, ripercorrerne tutti gli aspetti sia tecnici sia relazionali, raccontare anche delle paure e delle ansie che si alternavano alla voglia di farcela e al gusto indimenticabile dei primi seppur piccoli segnali di cambio del vento.

Avvicinandosi il momento della partenza, stavolta da una nuova e bella sede in zona Navigli, mi interrogo spesso su cosa farei di diverso, se magicamente esistesse nelle esperienze il tasto rewind.

Bè, alcune cose le imposterei sicuramente in altro modo. Si tratta però di questioni non fondamentali, perché credo che in quelle condizioni le scelte attuate siano state le migliori possibili.

Mi chiedo anche cosa mi porterò via da Milano, oltre a qualche quadro, ad alcuni libri e qualche documento.

Mi porto via la piacevole sensazione che le battaglie importanti non si vincono con un uomo solo al comando, ma con un gioco di squadra. Mi porto via la conferma che il capo, o se volete il regista, in diversi passaggi cruciali è comunque irrimediabilmente solo. Mi porto via l’idea che dirigere sia essenzialmente essere al servizio di qualcosa e di qualcuno, e non un piedistallo narcisistico.

Mi porto via l’idea che i capi arroganti, incompetenti e irresponsabili vadano velocemente sostituiti.

Mi porto via una robusta competenza sulla gestione di crisi aziendali estreme.

Mi porto via i visi e i ricordi di tante persone belle che con me hanno percorso questa strada, e che terrò sempre nel cuore, con affetto e gratitudine.

Mi porto via la convinzione che occorre scavare duramente con piccone, pala e badile per cercare quel po’ di bene che asciuga il passato, fa godere senza arroganza del presente e costruisce con umiltà il futuro. E qualcosa, prima o poi, si trova sempre.

Ne vale la pena.

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