Il licenziamento discriminatorio alla luce della riforma Fornero: una nuova prospettiva?

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di Lucia Landi e Stefania Palmieri

 

La ricerca del difficile equilibrio tra occupazione, adattabilità e imprenditorialità coniugate con i trasversali principi di non discriminazione e pari opportunità, è stata uno degli obbiettivi della recente riforma del lavoro, operata con legge n.92/2012, in nome del modello europeo di flessibilità del sistema di uscita dal rapporto di lavoro, coniugata con garanzie di supporto e protezione sociale. In questo articolo cerchiamo di capire insieme quali sono le nuove prospettive…

 

 

L’impatto della legge Fornero

La legge 92/2012 e in particolare le modifiche intervenute sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, hanno di fatto portato l’attenzione proprio su quegli inderogabili diritti e sulle imprescindibili tutele connessi al licenziamento, dal momento che la reintegrazione del lavoratore non è più una generalizzata tutela, ma una specifica protezione del lavoratore da quei licenziamenti illegittimi lesivi di diritti e libertà fondamentali della persona.
È in questa prospettiva che il licenziamento discriminatorio, da un lato ha mantenuto, a seguito della Riforma, una rigida disciplina sanzionatoria, dall’altro ha assunto nuova importanza in ragione del forte disvalore sociale che lo connota, atto a stigmatizzare le riprovevoli ragioni discriminatorie insite nel recesso dal rapporto di lavoro. In uno scenario in cui il sistema di tutele è profondamente mutato rispetto al passato, il licenziamento
discriminatorio rappresenta oggi un baluardo a difesa della dignità della persona e del diritto al lavoro, che oltre a essere una fonte di reddito rimane pur sempre espressione di un progetto di autonomia dell’individuo.

 

Leggi l’articolo integrale su Persone&Conoscenze, n° 89 luglio-agosto

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