Distruzione e costruzione: due facce della stessa medaglia

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Editoriale – di Francesco Varanini –

P&C 87 copCi sono frasi che girano nell’aria, e che si ascoltano e riascoltano in contesti differenti. Frasi che in qualche modo sono segni del tempo che si sta vivendo.
Sento dire di questi tempi: “adesso distruggiamo, poi ci occuperemo di costruire”. Più o meno con queste parole qualcuno affronta la situazione politica che sta vivendo il nostro paese. Ma più interessante per me è notare che la stessa frase la si ascolta in aziende che stanno vivendo fasi di cambiamento duro e spiacevole.
Si devono fare operazioni di downsizing, di spending review, di outplacement. Uso consapevolmente le espressioni inglesi per ricordare come le parole tecniche, dette in inglese, finiscano per essere eufemismi. Non si dice ‘dismissione di attività’, ‘tagli’, ‘licenziamenti’, non si dice ‘chiudere’ o ‘tagliare’. L’espressione propria e abituale, quella che si usa nelle sane conversazioni alla macchinetta del caffè, è sostituita dall’espressione tecnica detta in inglese. Il significato ne risulta attenuato.
Così, usando certe parole invece di altre, si nasconde il disagio, la consapevolezza di non riuscire a dire le cose come stanno, e il timore di non saper affrontare le situazioni, per difficili che siano, con atteggiamento costruttivo e orientato al futuro.
Allo stesso modo –sempre, credo, per il timore di non saper affrontare la situazione– si finisce per dire “adesso distruggiamo, poi ci occuperemo di costruire”. È un atteggiamento del tutto comprensibile. Le azioni orientate allo smontare, al ridurre, al tagliare, appaiono del tutto diverse dalle azioni necessarie per costruire qualcosa di nuovo e di durevole. Gli atteggiamenti utili a rapidamente distruggere ci appaiono opposti agli atteggiamenti necessari per creare. Sappiamo quanto è difficile e oneroso distruggere: non distruggiamo solo gli altri, il mondo circostante, stiamo sempre anche distruggendo –anche se cerchiamo di non pensarci– qualcosa di noi stessi. E allora, se non altro per autodifesa, cerchiamo di concentrarci sul compito, non pensando troppo al contesto, non pensando a cosa accadrà dopo.
Eppure, non si vive di sola distruzione. Non si vive di sola ‘terra bruciata’. Dopo aver smantellato il tessuto produttivo italiano, vivremo in un deserto. È questo che vogliamo? Mi pare significativo il fatto che oggi –nel nostro paese, nelle nostre aziende– si parli più di downsizing e di spending review che di cambiamento: cambiare significa ‘sostituire qualcosa con qualcos’altro’. Non basta tagliare.
Schumpeter, l’economista che meglio seppe definire l’imprenditorialità, parlava di ‘perenne bufera di distruzione creativa’. Questo atteggiamento non riguarda solo l’imprenditore, ma ogni manager e ogni lavoratore. Come ci ricorda il sottotitolo che trovate in copertina sotto la testata della nostra rivista, ognuno di noi è chiamato a investire su se stesso, quindi, non solo a distruggere ma anche a costruire.
Credo che una delle principali responsabilità del manager consista proprio in questo: mantenere all’interno dell’organizzazione un atteggiamento costruttivo, anche nei duri tempi in cui si deve tagliare e ridurre. Proprio in questi momenti le persone che lavorano in azienda hanno bisogno di parole chiare, ma anche, nella misura del possibile, confortanti.
E comunque, anche nelle condizioni più difficili si può e si deve cercare di guardare al domani, a cosa servirà fare dopo. E siccome dopo dovremo farlo, tanto vale pensarci fin d’ora. Tanto vale pensare a costruire, anche mentre si sta distruggendo. Proprio perché pensando solo alla distruzione distruggiamo anche noi stessi, dovremmo, potremmo avere sempre anche in mente la costruzione.
Ma posso aggiungere anche questo: i manager che sento dire ‘ora distruggiamo, a costruire ci penseremo dopo’ non stanno bene. Si tratta, credo, di accettare un doppio peso. È già pesante il lavoro consistente nel tagliare e nel licenziare. Ed è pesante, mentre si lavora a tutto questo, pensare a costruire. Eppure, possiamo dire che un peso allevia l’altro. Se abbiamo in mente anche la costruzione, la distruzione ci apparirà meno pesante.
Credo dunque che dobbiamo aiutarci a vicenda nel mantenere vivo l’atteggiamento costruttivo. Trovo che nel mio lavoro di formatore e consulente, sostenere i manager nel far sì che possano mantenere vivo un atteggiamento costruttivo e speranzoso sia l’azione più importante, più necessaria. Spero anche che sia utile per quanto anche la nostra rivista, così come gli incontri di Risorse Umane & non Umane.
È necessario ricordare sempre che distruzione e costruzione sono due facce della stessa medaglia.

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