Convivio Roma: l’impresa è una narrazione potenziale

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Il lavoro, l’impresa e le persone che ne fanno parte sono stati i temi portanti del Convivio che si è tenuto a Roma il 19 giugno. I dibattiti sulla riforma del lavoro e i tentativi di interpretare le norme trovano spazio in più contesti. Noi abbiamo cambiato prospettiva e abbiamo affrontato il tema partendo da un altro punto di vista. Il contesto ci dice che, forse, tra imprese e lavoratori è necessario instaurare un nuovo patto, ma rifondare un patto significa accettare un esame di coscienza.

Per questo abbiamo aperto il nostro Convivio dando voce a un costituzionalista, Michele Ainis che, intervistato da Francesco Varanini, direttore di Persone&Conoscenze, ha esordito spiegando che un nuovo patto nasce se c’è una generazione affratellata da una comune esperienza tragica, come una guerra. Noi stiamo vivendo circondati da ‘macerie morali’, la ricostruzione non è semplice. Anche perché un nuovo patto si costruisce con regole chiare mentre nel nostro ordinamento le troppe regole si elidono a vicenda. Troppo diritto equivale a nessun diritto. Quindi, cosa si potrebbe fare in Italia? La parola d’ordine dovrebbe essere sfoltire, prendendo esempio dagli illuministi: un patto sociale deve essere fondato sull’uguaglianza, e l’uguaglianza si nutre di norme generali, poche, la cui applicazione può essere diversificata. Il Diritto del Lavoro è nato come tentativo di creare condizioni di garanzia di partenza, e impone un ragionamento, alla fine, sull’uguaglianza. Anche per mettere tutti nelle condizioni per svolgere un lavoro che è, di fatto, la principale sorgente di significati esistenziali. Tutto deve partire da qui. Dalla visione del costituzionalista siamo passati alla visione di un manager. Pier Luigi Celli, manager e saggista, ci conduce a una riflessione sul capo del personale, che vive con una spada di Damocle sulla testa, perché non deve essere il gestore di un costo ma il primo garante di quel patto oggetto della nostra riflessione iniziale. Chi gestisce persone deve avere sensibilità e coraggio, e capire quel che le persone possono dare, andando al di là del ruolo che è stato loro assegnato. L’impresa è una narrazione potenziale e il capo del personale deve reggere la narrazione per mettere ogni attore nella condizione di avere la parte migliore.

Ma come si scopre la vocazione di narratori o cucitori di storie? Il segreto è amare il proprio mestiere, le persone vanno capite, questa è la condizione per farle lavorare bene. Il senso di appartenenza e di identità dipende dalla capacità dei capi di dare alle persone il giusto riconoscimento; molti si sentono numeri o matricole ma per sentirsi parte bisogna essere riconosciuti. Ognuno di noi ha altre competenze che può spendere. E il contesto migliore perché questo avvenga lo deve creare il direttore del personale. Questa la sua responsabilità. Se riesce nell’impresa si pone poi la questione di come misurare il contributo dei lavoratori alla creazione del valore. Il tema è stato oggetto di una tavola rotonda moderata dal direttore di Sviluppo&Organizzazione, Gianfranco Rebora.

Michel Martone, giurista, accademico ed ex viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, sottolinea che il problema, soprattutto nel mondo pubblico, sta proprio nella misurazione dei risultati. Bisogna perseguire con fermezza la via della misurazione del risultati delle attività per poi arrivare alla conseguente valutazione. Tutto questo dovrà poi avere conseguenze sullo sviluppo di carriera delle persone. La valutazione di una persona deve avere un riflesso diretto sulla sua retribuzione. Ma la cultura della valutazione nel nostro Paese non è diffusa come dovrebbe essere.

Siamo in un momento di grande cambiamento, e se crescono le diseguaglianze la valutazione è l’unico strumento per arginarle. Tutti concordano: le persone sono la risorsa fondamentale e bisogna sapere mettere in gioco le competenze che circolano nell’organizzazione. Ora che non tutti sono nelle condizioni di poter contare sulla leva salariale, ci sono altri valori che è possibile mettere in campo. E la valorizzazione, il riconoscimento del merito, rientrano tra questi.

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